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Lukashenko Inizia il Settimo Mandato Presidenziale: Un Discorso Segnato da Accuse e Retorica Anti-Occidentale

Il Volto del Potere in Bielorussia: Quando la Democrazia Diventa un Miraggio

Ti sei mai chiesto come sarebbe vivere in un paese dove le elezioni sono solo una formalità? Benvenuto nella Bielorussia di Lukashenko, dove la politica si trasforma in un teatro dell’assurdo e le elezioni presidenziali assomigliano più a una cerimonia di incoronazione che a un processo democratico.

Martedì scorso, nel maestoso Palazzo dell’Indipendenza di Minsk, abbiamo assistito all’ennesimo atto di questa lunga rappresentazione: Aleksandr Lukashenko ha giurato per la settima volta come presidente. Secondo i canali ufficiali, avrebbe conquistato l’86% dei voti nelle elezioni di gennaio 2025. Un risultato che, diciamocelo, fa alzare più di un sopracciglio nella comunità internazionale.

La situazione dell’Europa orientale è sempre più complessa, con regimi che oscillano tra influenze occidentali e orientali. Nel caso della Bielorussia, però, la bussola sembra puntare decisamente verso l’autoritarismo, allontanandosi dai principi di democrazia che dovrebbero essere il fondamento di ogni nazione moderna.

È come se il paese avesse abbassato una pesante tenda di ferro il giorno prima della cerimonia: le autorità hanno infatti limitato drasticamente l’accesso ai siti web locali per gli utenti stranieri. Una mossa che parla chiaro: ciò che succede in Bielorussia, resta in Bielorussia.

Durante il suo discorso, Lukashenko non ha perso l’occasione per puntare il dito contro l’Occidente, in particolare contro l’USAID. Secondo lui, senza alcuna prova tangibile, questa organizzazione avrebbe finanziato le proteste anti-governative del 2020. Ha persino tirato in ballo la nuova amministrazione Trump, parlando di presunte rivelazioni sul finanziamento delle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’.

Ma la ciliegina sulla torta? La sua affermazione sulla ‘dittatura positiva’. Con un’audacia che lascia senza parole, ha dichiarato che “metà del mondo sogna la nostra dittatura – una dittatura di fatti concreti e degli interessi del nostro popolo”. Come se la limitazione dei diritti umani potesse mai essere una cosa positiva! E non contento, ha aggiunto che la libertà di espressione in Bielorussia è ‘nella norma’, superando addirittura quella di molti paesi occidentali.

Con questo nuovo mandato, Lukashenko raggiunge il traguardo impressionante di 31 anni consecutivi al potere. Dal 1994 guida il paese con pugno di ferro, detenendo il record mondiale di longevità politica tra i leader ‘eletti’ attraverso elezioni consecutive. E uso le virgolette su ‘eletti’ non a caso.

Il clima politico nella nazione è teso come una corda di violino pronta a spezzarsi. Più di 1.200 persone languono nelle carceri come prigionieri politici, mentre figure di spicco dell’opposizione come Svetlana Tikhanovskaya e Viktor Babariko hanno dovuto scegliere tra l’esilio o la prigione. I media indipendenti? Automaticamente bollati come ‘estremisti’.

La politica internazionale non è rimasta a guardare: il Parlamento Europeo ha risposto con fermezza, adottando una risoluzione che invita i membri dell’UE e la comunità globale a non riconoscere la legittimità di queste elezioni presidenziali, definendole senza mezzi termini una ‘farsa elettorale’.

In questo scenario complesso, ci troviamo a riflettere sul significato autentico della democrazia e sul valore dei diritti umani. Mentre in molti paesi diamo per scontate le libertà fondamentali, in altri luoghi, come la Bielorussia, queste rimangono un miraggio all’orizzonte, offuscato dall’ombra lunga dell’autoritarismo.

E tu, cosa ne pensi di questa situazione? Credi che la pressione internazionale possa davvero influenzare regimi così radicati come quello di Lukashenko? O forse, come la storia ci ha spesso insegnato, il cambiamento dovrà necessariamente venire dall’interno?

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