Allora, parliamoci chiaro: c’è aria di tempesta diplomatica sull’asse Kyiv-Washington, e al centro del ciclone ci sono le preziose risorse del sottosuolo ucraino. Il presidente Zelensky tiene il punto: l’Ucraina non metterà a repentaglio la sua corsa verso l’integrazione UE per nessun accordo sulle risorse minerarie, nemmeno se proposto dagli USA. Ma cosa si cela dietro questa nuova offerta arrivata da Washington, tanto discussa quanto, pare, meno generosa delle precedenti bozze?
Immaginate la scena: un documento “immenso”, secondo fonti interne citate da Reuters, atterra sulla scrivania presidenziale a Kyiv. Niente strette di mano affrettate, qui si va coi piedi di piombo. Zelensky stesso ha frenato gli entusiasmi:
“È presto per commentare”
, ha dichiarato, sottolineando come gli avvocati ucraini debbano prima passare al setaccio ogni singola clausola. Il punto nevralgico? Questo potenziale accordo tocca nervi scoperti: la dipendenza dagli aiuti militari americani, la tutela della sovranità economica nazionale e le delicate dinamiche della geopolitica attuale. Insomma, la posta in gioco è altissima.
Ma entriamo nel vivo della proposta americana, perché i dettagli fanno davvero drizzare le antenne. Stando alle indiscrezioni, Washington avrebbe messo sul tavolo una condizione pesante come un macigno: l’Ucraina dovrebbe versare tutti i profitti derivanti dalle sue risorse naturali in un fondo specifico, gestito dagli americani, fino a quando gli aiuti militari forniti dagli USA non saranno completamente rimborsati. E ciliegina (amara) sulla torta: ci sarebbero pure gli interessi, un 4% annuo. È come se lo Zio Sam dicesse: “Ti do una mano a difenderti, ma le tue miniere d’oro – letteralmente – ripagheranno il conto, interessi inclusi, prima che tu possa intascare un copeco”. Capite bene che questo cambia radicalmente la percezione dell’aiuto, trasformandolo quasi in un prestito garantito dalle ricchezze strategiche del Paese.
“Il quadro è stato cambiato”
, ha ammesso Zelensky,
“Studiamo questo nuovo quadro e poi potremo discuterne”
.
Un altro nodo cruciale riguarda chi terrebbe le redini di questo ipotetico tesoretto. La proposta prevede che il fondo sia amministrato dal fondo investimenti DFC (la U.S. International Development Finance Corporation). E il consiglio di amministrazione? Cinque posti: tre nominati dagli USA, due dall’Ucraina. Chi avrebbe il coltello dalla parte del manico, secondo voi? I fondi, poi, verrebbero convertiti in valuta forte e parcheggiati all’estero. Viene spontaneo chiedersi: quanta sovranità economica resterebbe effettivamente a Kyiv sulla gestione di asset vitali per l’economia Ucraina?
Questa versione dell’intesa suona “completamente diversa”, dicono, da una bozza precedente, più equilibrata (che prevedeva un contributo ucraino al 50%), quasi siglata prima che i rapporti si raffreddassero. Ecco spiegata la prudenza di Zelensky, che cammina su una corda tesa tra la gratitudine per il sostegno ricevuto e la ferma volontà di non cedere su punti irrinunciabili.
Il presidente ucraino l’ha detto forte e chiaro: porte aperte a un accordo sulle risorse minerarie che sia davvero vantaggioso per entrambi, ma nessun compromesso che possa danneggiare l’economia Ucraina o, peggio, mettere i bastoni tra le ruote al percorso verso l’integrazione UE. Quest’ultima è la stella polare di Kyiv. Accettare condizioni che diano a Washington un controllo così penetrante potrebbe essere interpretato a Bruxelles come un’ingerenza inaccettabile, un ostacolo all’adesione. È una questione di principio, ma anche di pragmatismo: le entrate previste nel bilancio 2024 dallo sfruttamento delle risorse naturali Ucraina e dai profitti delle aziende statali sono ossigeno puro per un Paese in guerra.
Cosa succede ora? I negoziati Ucraina-USA sono in pieno svolgimento, anche se sottotraccia. La vicepremier ucraina, Iulia Sviridenko, invita alla calma, affermando che Kyiv presenterà la sua posizione solo dopo aver trovato un consenso interno, per evitare dannosi dibattiti pubblici prematuri. Una mossa tattica per guadagnare tempo e affilare le armi negoziali. Dall’altra parte dell’oceano, però, il Segretario al Tesoro USA, Scott Bessent, a capo dei negoziati per Washington, si dice ottimista, parlando a Fox News di un “documento finalizzato” inviato e auspicando una firma rapida, “forse già la prossima settimana”. Una fretta che contrasta con la cautela ucraina.
La partita, insomma, è apertissima e si gioca su un tavolo complesso dove si intrecciano aiuti militari, interessi economici, aspirazioni europee e delicati equilibri di geopolitica. Riusciranno Zelensky e l’amministrazione USA a trovare la quadra, o questo potenziale accordo sulle risorse minerarie finirà per creare nuove tensioni? Restate sintonizzati, perché questa storia è tutt’altro che conclusa.