Avete presente l’USAID? L’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, quella che per decenni è stata un po’ il volto sorridente dell’Aiuto Estero americano nel mondo. Bene, tenetevi forte, perché sembra che stia per avvenire un vero e proprio cambio di regia. Il Dipartimento di Stato USA ha fatto sapere al Congresso che dal 1° luglio prossimo, molte delle funzioni chiave dell’agenzia passeranno sotto il suo diretto controllo. Si parla ufficialmente di “Riorganizzazione Agenzia“, ma tra le righe si legge qualcosa di molto più profondo, un possibile ripensamento radicale della Politica Estera USA in materia di Cooperazione Internazionale. È la fine di un’era?
Immaginate l’USAID come un cuoco esperto che da anni prepara piatti complessi e apprezzati in tutto il mondo – dallo sviluppo agricolo all’istruzione, dalla sanità alle infrastrutture. Ora, sembra che il ristorante stia cambiando gestione, e il nuovo chef – il Dipartimento di Stato USA – voglia rivedere completamente il menù e forse anche la brigata di cucina. Questa mossa non è un fulmine a ciel sereno, ma si inserisce in un dibattito più ampio sull’efficacia e la direzione dello Sviluppo Internazionale made in USA, con un occhio forse più attento all’Efficienza Governativa e agli interessi nazionali diretti. L’Impatto Globale di questa decisione potrebbe essere notevole, non credete?
Ma perché questa svolta? A gettare un fascio di luce ci pensa una dichiarazione attribuita dalla fonte originale a Marco Rubio (anche se, piccola nota a margine, attualmente il Segretario di Stato è Antony Blinken – forse un riferimento a una figura influente nel dibattito o a dichiarazioni passate?). Ecco le sue parole, piuttosto dirette:
“L’aiuto estero, se gestito correttamente, può promuovere i nostri interessi nazionali, proteggere i nostri confini e rafforzare le partnership con alleati chiave. Purtroppo, l’USAID si è allontanata da tempo dalla sua missione originaria. Di conseguenza, i risultati sono stati troppo scarsi e i costi troppo alti.”
Un’accusa non da poco, che dipinge un quadro di un’agenzia forse diventata un gigante dai piedi d’argilla, poco allineata con le priorità strategiche attuali. Si tratta davvero solo di efficienza o c’è sotto una visione politica differente, magari influenzata dalle passate amministrazioni, come quella di Donald Trump, che aveva già messo nel mirino l’Aiuto Estero?
E adesso? Che ne sarà dei progetti e, soprattutto, delle persone che lavorano per l’USAID? La comunicazione interna, secondo le fonti, parla chiaro: le posizioni non previste dalla legge saranno tagliate. Tra luglio e settembre, il personale riceverà inviti più o meno espliciti alle “dimissioni volontarie”. Un futuro appeso a un filo per tanti professionisti. Il Dipartimento di Stato USA rassicura: i programmi strategici continueranno, ma sotto la sua egida. Peccato che non ci sia un passaggio automatico del personale: chi vuole restare dovrà affrontare un nuovo processo di selezione. È un po’ come dire: “la festa continua, ma dovete ricomprare il biglietto e non è detto che ci sia posto per tutti”.
Questa mossa si collega inevitabilmente a quella revisione dei programmi di assistenza esterna voluta dall’ex presidente Donald Trump qualche anno fa. L’obiettivo? Assicurarsi che ogni dollaro speso fosse in linea con la sua visione di politica estera. Quei semi di revisione, forse uniti a preoccupazioni per possibili Tagli Fondi Aiuti, sembrano aver portato al raccolto odierno.
Prendiamo un caso concreto per capire l’Impatto Globale: la Moldavia. Per questo paese, l’Aiuto Estero americano, veicolato in gran parte proprio tramite l’USAID, era linfa vitale per settori come quello vitivinicolo, l’efficienza energetica, le infrastrutture. Parliamo di oltre un miliardo di dollari investiti. Con questa Riorganizzazione Agenzia e i precedenti segnali di possibili Tagli Fondi Aiuti, cosa succederà a questi progetti? La Moldavia, e tanti altri paesi partner, si trovano ora a dover cercare alternative, come se il loro principale finanziatore avesse improvvisamente cambiato idea. Sarà il Dipartimento di Stato USA capace di gestire questa eredità con la stessa capillarità? O assisteremo a un ridimensionamento dell’impegno americano nello Sviluppo Internazionale? Le domande restano aperte, e il futuro della Cooperazione Internazionale a stelle e strisce è tutto da scrivere.